Senegal MotoRaid 2014: il mercato di Mbour, il racconto.

Vorremo evitare di trovarci imbottigliati nel caotico traffico della capitale, così decidiamo di lasciare Dakar alle prime luci dell'alba. L'aria è molto umida, si sente l'influsso dell'oceano.
Oggi raggiungeremo la Peti Cote, dove ci fermeremo per qualche giorno, e dove contiamo di visitare sia la Riserva naturale di Bandia che la Laguna di Somone, senza disdegnare naturalmente qualche ora di completo relax su una delle tante bellissime spiagge che sappiamo esserci in zona.
Man mano che scendiamo verso sud, con il sole che si alza aumenta anche la temperatura e purtroppo anche il traffico. Su quest'unica striscia di asfalto si concentrano macchine, camion “similciminiere”, autobus stracarichi di persone, mentre gli asinelli e animali “vari” hanno imparato la legge di sopravvivenza per cui è meglio che stiano sulla striscia di sabbia a bordo strada.
Intorno a noi distese di terre color ocra, meravigliosi baobab giganti con le radici rivolte verso il cielo. L'arrivo in un villaggio ci viene annunciato dallo spuntare, sui bordi della strada, di piccole bancarelle dove si vendono le solite quattro cose ammosciate dal caldo: mandarini, pomodori, patate e cavoli e poco più. Banchetti irresistibili per milioni di mosche.
All'ora di pranzo arriviamo a Saly, una delle più rinomate località marine lungo la costa atlantica africana. Ed infatti, ecco spuntare il primo “viso pallido” che in sella al suo quad ci sorpassa a folle velocità e noi dobbiamo sforzarci ed essere tolleranti con il “turista non fai da te”...
Noi dobbiamo invece concentrarci su dove trovare da dormire, visto che passeremo qui qualche giorno sarebbe bello scovare un posto decente.
Le strade secondarie, come sempre in Senegal, sono delle piste di sabbia sofficissima sulla quale la nostra Piroga fatica a tenere la presa, ma la scritta Guesthouse è troppo allettante.
Fa caldissimo, il sole è a picco. Ci addentriamo verso la zona meno turistica fatta di piccole e semplici abitazioni che si aprono direttamente sulla stradina, in giro non c'è nessuno, fa caldissimo, in alcuni punti Rosanna deve scendere dalla moto, in due è impossibile andare avanti. La temperatura della Piroga sale. Incrociamo due ragazzi che provengono dalla direzione opposta che ci salutano con il sorriso, chiediamo indicazioni sulla Guesthouse, se è troppo lontana devo fermare la moto altrimenti va in ebollizione. Sono quei classici momenti in cui uno si chiede “ma chi me l'ha fatta fare a infilarmi in questo inferno di polvere e caldo?”
“Avanti ancora cinquanta metri”, ci dicono i due che invece di proseguire per la loro strada ci vengono dietro e ci aiutano a chiamare Mr Papillon, proprietario della Guesthouse.
Dietro ad un muro bianco e a un cancello di metallo si è aperto un paradiso, una sorta di “haciendas” messicana incorniciata da un rigoglioso giardino dominato da una stupenda piscina che da tutta l'idea di essere freschissima...
Noi, impolverati, sudati, allo stremo e prossimi allo sfinimento non vogliamo sapere nulla, di qui non ce ne andiamo, a costo di dormire sotto le stelle a bordo piscina.
Veniamo accolti con curiosità da parte dell'intera famiglia proprietaria della Guesthouse, Papillon e Anne, due belgi sulla cinquantina che hanno deciso di vivere per buona parte dell'anno a Saly e poi figlio, fidanzata del figlio, nonna, e amico di famiglia che sono invece in vacanza e che occupano quasi tutte le camere disponibili, tranne una, la nostra!
Piscina, una birra La Gazelle fresca e ci sentiamo rinati. Che posto stupendo il Senegal...
Per cena il menù prevede pesce freschissimo del mercato della vicina Mbour e che Papillon deve ancora andare a scegliere al mercato. L'orario migliore è intorno alle 18, quando i pescatori rientrano in porto.
Recuperate le energie non vogliamo farci certo scappare l'occasione di poter visitare con un “locale” il cuore del mercato di Mbour, così accettiamo l'invito di Papillon di accompagnarlo a fare spese.
Per raggiungere Mbour evitiamo la trafficata strada principale asfaltata, attraversando villaggi costruiti sulla sabbia. Girare da queste parti con la moto carica sarebbe praticamente impossibile, infatti anche la jeep di Papillon rischia più volte di insabbiarsi.
Dakar sembra lontana anni luce.
Girare da “soli” per questi mercati non è semplicissimo, tutti vogliono venderti qualcosa, si è sopraffatti da potenziali “guide” , non si riescono a fare foto perché tutti si sono fatti l'idea che quegli scatti non sono dei souvenirs, ma diventeranno con certezza delle cartoline.
Quindi, a nostre spese, abbiamo imparato che, in Senegal, se si vogliono scattare immagini si finisce per discutere, poi tutto finisce quasi sempre a strette di mano e sorrisi, ma la situazione è rimane difficile.
Accompagnare qualcuno che è conosciuto da tutti si rivela un'esperienza unica e irripetibile.
Tutti al mercato di Mbour conoscono Papillon, così possiamo infilarci senza problemi negli angoli più “improponibili” del mercato.
Appena ci addentriamo tra i banchi del mercato veniamo subito investiti dal grande vociare, dai colori, dagli odori forti. Tutta Mbour, a quest'ora, sembra riversarsi al mercato.
La ricerca dei prodotti più freschi da parte del nostro ospite diventa spasmodica.
Papillon tocca e annusa pomodori, peperoni, cipolle, poi entra in una contrattazione fitta con la venditrice. Al mercato a vendere sono quasi tutte donne.
Una cosa è certa, al mercato bisogna contrattare su tutto sempre. Siamo sicuri che a lui fanno pagare almeno il doppio rispetto a quanto farebbero con un senegalese, ma lui sembra stare al gioco.
Noi, invece, non sappiamo più dove guardare, è tutto così incredibilmente vivace, tutto è colore.
Siamo tra la folla, una donna ci passa a fianco con un secchio in testa pieno di frutta stramatura, un'altra in testa trasporta uno sgabello. Un ragazzino mi tira per il braccio, ci vuole vendere dei sacchetti di plastica che porta agganciati a una specie di porta stendardi.
Un altro ci vuole fare assaggiare un liquido nero e bollente che fa sgorgare dal rubinetto di un grande termos di acciaio. Decidiamo di assaggiarlo, è così bollente che non dovremmo farci del male.
E' un caffè forte, molto speziato che ti esplode in bocca. E' buonissimo.
Il ragazzo ci spiega che si tratta del caffè Touba, una miscela di arabica, chiodi di garofano e pepe del Senegal. Si addice perfettamente alla situazione.
Dopo aver acquistato frutta e verdura, che passeremo a prendere al ritorno, è arrivato il momento di scegliere il pesce fresco e per questo ci portiamo verso la parte del mercato che si affaccia sulla spiaggia.
Ancor prima di addentrarci tra i banchi veniamo investiti da un pungente odore di pesce che penetra nelle narici. Per fortuna siamo ancora sotto l'effetto del Touba.
Anche qui la gente è tanta, e sono tutti intenti a scegliere il pesce migliore e contrattarne il prezzo. Su un banco notiamo un pesce stranissimo, ha una pezzatura simile a un'orata ma con dei denti bianchi simili a quelli umani. Fa un'impressione pazzesca.
Papillon ne acquista qualche chilo e ci conferma che lo cucinerà in agrodolce quella sera stessa. Nel suo cesto finiranno anche gamberi, sogliole e pesci che hanno tutta l'aria di essere branzini.
Tra un banco e l'altro notiamo gruppi di donne, sedute in cerchio su bassi sgabelli, abilissime a pulire ceste piene di pesci.
I loro gesti sicuri e svelti raccontano di una vita impegnata in quel lavoro.
Qualche decine di metri più in la verso la spiaggia, le piroghe coloratissime continuano ad arrivare cariche di pescato che viene prontamente scaricato per essere portato al mercato.
Sulla spiaggia c'è una marea di persone, ma in quello che a noi pare solo un grande marasma, tutti sembrano sapere quale è il proprio ruolo. C'è chi si affanna, chi riposa, chi urla. E le grida e le urla in spiaggia e al mercato sono tante.
Voci, colori, odori e sorrisi: il mercato di Mbour sembra concentrare in se l'essenza dell'Africa!


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